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Giovanni Scambia. La buona sanità piange uno dei suoi figli migliori

Pioniere della ginecologia oncologica brillava per il suo talento e per la sua empatia

Ancona, 23 febbraio 2025 – Il Policlinico Universitario Agostino Gemelli è il più grande ospedale di Roma e ospita il centro di ricerca e Fondazione. In questi giorni è sotto la luce dei riflettori per il ricovero del Santo Padre. Proprio lì, fino agli ultimi giorni della sua vita, il prof. Giovanni Scambia ha diretto l’Unità Operativa Complessa del Reparto di ginecologia oncologica.

Giovanni Scambia

Dai primi anni 2000 si era dedicato alla ricerca e alla risoluzione di patologie tumorali femminili svolgendo, con importanti iniziative, anche un’attività di sensibilizzazione sulla prevenzione. Purtroppo un tumore al pancreas, in poco tempo, ha portato via un uomo dalle grandi doti e dalla rara sensibilità. Conosciuto non solo per la sua abilità professionale, che gli ha consentito di salvare le sue pazienti, ma anche per la sua empatia con la quale riusciva a trasmettere fiducia in quei momenti difficili, in cui si può perdere l’ago della bussola.

Il prof. Scambia era molto legato al Policlinico dove lavorava e all’Università Cattolica dove era professore ordinario di clinica ostetrica e ginecologica, qui aveva anche conseguito la sua specializzazione in ginecologia e ostetricia. I risultati della ricerca, sua e del suo team, nell’ambito dell’oncologia ginecologica erano di rilevanza internazionale. Ricopriva l’incarico di Presidente dell’Esge (European society for gynaecological endoscopy) ed era membro del consiglio direttivo Mito (Multicenter Italian trials in ovarian cancer).

Grazie alla ricerca, diceva, mai avrebbe pensato di poter dire a una donna in età fertile con un tumore che dopo la guarigione avrebbe potuto avere un bambino, o che l’intelligenza artificiale potesse essere di aiuto a fornire modelli predittivi di risposte alle cure. Eppure, oggi è così.

Il prof. Scambia, come hanno ricordato tanti suoi colleghi, non solo era uno stimato professionista ma aveva dalla sua parte la vocazione e la grande passione di chi della medicina ne aveva fatto molto di più che un mestiere.

Penso che ci siano giovani che scelgono questo lavoro non tanto per convinzione, piuttosto perché lo considerano redditizio, di successo, troppo spesso spinti da luoghi comuni o da genitori che sovraccaricano i figli di aspettative e convinzioni e li incalzano a intraprendere una strada lunga e tortuosa pur non avendone le capacità, l’inclinazione naturale o semplicemente perché quella scelta non rientrava nelle loro aspirazioni.

Credo che i medici si dividano in tre categorie, i brillanti e talentuosi, i bravi ma distratti (quelli con le mani in pasta in troppe cose) e i mediocri dai quali è meglio guardarsi.

Ma alla resa dei conti, penso che sia sempre il pubblico a decretare il successo di una persona e i messaggi di cordoglio, stima e affetto che ho letto in questi giorni, oltre alle centinaia di persone che hanno voluto essere presenti per l’ultimo saluto (alla Chiesa Centrale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), mi fanno pensare fuori d’ogni dubbio che il prof. Scambia appartenesse alla prima categoria.

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