21 Lug L’invincibile armada
Perché la Spagna ha vinto l'Europeo 2024
Ancona, 21 luglio 2024 – Come volevasi dimostrare: la Spagna ha (stra)vinto l’Europeo 2024. Ha battuto 2 a 1 l’Inghilterra in una finale senza storia, nonostante il risultato di stretta misura.
Niente, It’s coming home, il coro dei tifosi inglesi, non ha portato fortuna neanche questa volta. La perfida Albione non ce l’ha fatta, è dal 1966 che non vince niente.
Non è sufficiente avere inventato il calcio. E sì che anche gli inglesi in quanto a talento non scherzano, ma quello da solo non basta. Così come non basta avere il campionato più bello e più ricco del mondo: la Premier League. Spieghiamoci meglio, allora.
Se si sommano gli anni di Nico Williams e Lamine Yamal, rispettivamente 22 e 17, i due talenti che hanno incantato tutta Europa e confezionato il gol del primo vantaggio spagnolo, si avranno gli anni di Jesus Navas, 39.
Tanto per dire, quando Jesus Navas, il 10 maggio del 2006, vinceva la Coppa Uefa (il primo dei suoi tantissimi trofei) con la maglia del Siviglia, Williams aveva quattro anni e Yamal non era ancora nato.
Ecco perché, domenica sera, faceva una certa impressione vederli festeggiare tutti e tre insieme la vittoria del quarto titolo europeo della Nazionale spagnola. Ma, come avevamo appunto già scritto qui in tempi molto meno sospetti, è proprio questa la chiave di lettura dell’ennesimo successo della Roja: la commistione straordinariamente ben riuscita tra esperienza, talento e gioventù.
Alla fine hanno vinto i migliori, i migliori per la qualità del gioco (el juego), è tutto molto semplice. Un tabellino d’altronde, quello dei neocampioni d’Europa, che ha dell’incredibile: 7 partite vinte su 7 tutte ai tempi regolamentari, 15 gol fatti e 4 subiti, due record infranti (quello delle partite vinte e quello dei titoli europei vinti).
La si potrebbe finire qui, no? No, perché il miglior giocatore giovane dell’’Europeo è stato Lamine Yamal 17 anni e un giorno, e miglior giocatore in assoluto dell’Europeo, invece, Rodrigo Hernandez Cascante detto Rodri, senza ombra di dubbio attualmente il più forte giocatore al mondo.
E adesso date il Pallone d’oro a Rodri, per favore, ha infatti detto lunedì a gran voce Luis de La Fuente. E già, non dimentichiamoci l’allenatore di questa Spagna, il poco noto ai più Luis de La Fuente, basco, 63 anni e da undici tecnico della Federcalcio spagnola. Un passato non indimenticabile da calciatore nell’Atletico Bilbao e nel Siviglia. Un uomo che merita, a questo punto, senz’altro qualche parola.
Aveva vinto, fino a domenica scorsa, un Campionato d’Europa Under 19, un Campionato d’Europa Under 21, un argento olimpico e una Uefa Nations League. Avuto in eredità, dal ct dimissionario Luis Enrique, il peso del deludentissimo Mondiale in Qatar, ha cominciato a fugare i dubbi vincendo subito la Nations League e facendo capire di essere molto meno dogmatico del suo predecessore (pur senza metterne totalmente in discussione la tattica).
Forte della sua esperienza con le nazionali giovanili conosceva già a menadito tutti i calciatori spagnoli usciti negli ultimi anni, questo gli ha permesso di poter attuare con cognizione di causa il dovuto ricambio generazionale, portandosi dietro parecchi suoi fedelissimi che avevano giocato nelle varie Under.
Presto fatto, a questi ha aggiunto i due talentuosissimi, e giovanissimi, Nico Williams e Lamine Yamal, più alcune granitiche certezze: i perni di centrocampo Rodri e Fabian Ruiz, il centravanti Morata, l’immarcescibile terzino destro madridista Carvajal e la sua riserva Jesus Navas (l’unico di quella generazione d’oro che aveva fatto grande la roja fra il 2008 e il 2012), un giocatore praticamente eterno.
Questa Nazionale di De la Fuente è la prima, da parecchio tempo in qua, che rinuncia ai grandi blocchi di Barcellona e Real Madrid. Al 90’della finale di Berlino c’erano in campo ben quattro giocatori (baschi) della Real Sociedad e uno di loro, Oyarzabal, subentrato dalla panchina, ha segnato il gol decisivo, quello della vittoria.
Quello che colpisce, della Spagna mandata in campo dall’allenatore basco, è che gioca come una squadra di club e non come una Nazionale. Certo, perché i ragazzi giocano insieme da anni, grazie alle nazionali giovanili, e i giocatori più esperti riescono ad adattarsi in virtù di decine e decine di partite giocate ad alti livelli con le loro squadre d’appartenenza.
Il risultato è quello che abbiamo potuto veder tutti: uno spettacolo meraviglioso, ai limiti dell’incredibile. Questa squadra ha saputo adattarsi, pur senza snaturarsi, a qualsiasi situazione di campo. Insomma, la ricetta del calcio di Luis De la Fuente è molto semplice: basta saper scegliere gli uomini giusti e farli giocare. Ci vuole poi tanto?
Ma per mandarlo definitivamente in archivio, questo Campionato Europeo 2024, bisognerebbe aggiungere ancora qualcosa sulla partecipazione dell’Italia.
L’altra sera a Berlino, prima del calcio d’inizio della finale, abbiamo visto arrivare Giorgione Chiellini (che nostalgia…), che era il capitano dell’Italia campione in carica, con in mano la Coppa per il passaggio di consegne. L’effetto è stato decisamente straniante. Dopo tutto quel che di brutto è successo alla nazionale italiana, da quel 2021 in poi, quasi neanche ci ricordavamo di averla vinta noi.
L’ex juventino, a onor del vero, aveva l’aria dell’imbucato a una festa, aveva le movenze un po’ impacciate di quello che nessuno ha invitato. Sembrava un intruso, insomma. Quella vittoria di tre anni fa, forse, ce la saremo pure meritata. Ma dopo? Solo le figuracce di non esserci qualificati ai mondiali in Qatar e quella, ancora fresca fresca, rimediata in Germania proprio durante questo Europeo.
La questione vera, allora, sarebbe capire come si è arrivati all’oggi. Capire se l’andamento del torneo di quest’anno ci ha finalmente dato la chiave per pensare come rilanciarlo questo nostro calcio. Capire, magari, se è solo un caso che in finale non c’era in campo un solo giocatore che militi nel nostro campionato. Capire, insomma, cosa, come e quando ci siamo persi. Capire.
A noi però sono tornate alla mente, chissà perché, solo le conferenze stampa del nostro commissario tecnico che sproloquia con la sua inconfondibile cadenza toscana. Per risentirsele ci vuole un attimo, basta andare su youtube. Fatelo, è spassoso veramente.
Poi vuole il caso che, l’altro giorno, ci si imbatta in una dichiarazione di Rodri che spiega in poche esatte parole come gioca la Spagna: «Con il pallone, comportarsi da grande squadra. Senza, da piccola squadra».
Ah ecco, ma te guarda, non ci avevamo mai pensato.
Chissà se Luciano Spalletti l’ha letta anche lui?